Home/La maschera e l'ombra/ Che cos'è la maschera?|II ceppi mitico rituali della maschera folklorica europea Messico |
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La
caccia selvaggia |
I
riti mascherati del folclore Europeo, dal carnevale allo charivari,
dalle mascherate nuziali alle uscite dell’orso, sono nella pressoché
totalità dedicati alla propiziazione della fertilità della
terra e della fecondità umana. Maschere spesso zoomorfe, dai tratti
ferini ed inferici, a significare (e a sperimentare nella performance
rituale) la potenza rigeneratrice del riso, del rovesciamento parodico
del reale, in ultima istanza delle forze liberate della natura e dei revenants,
i morti che ritornano. Maschera fra le maschere, declinato fra un’infinità
di denominazioni e di varianti, il selvaggio è il dominatore della
scena rituale. Quanto all’origine di tale figura, le congetture
potrebbero portarci, date certe somiglianze “di famiglia”,
a retrocedere più o meno indefinitamente verso tempi sempre più
remoti. Rinunciando a individuare un mito “di fondazione”
possiamo tuttavia tentare di delineare un ceppo mitico particolare,
che a partire da probabili radici celtiche si è perpetrato, rifunzionalizzato,
in epoca medievale.
La Danza selvaggia Se il “selvaggio” ha una compagna, questa è la “donna selvaggia”, talvolta raffigurata con una lunga capigliatura che ne ricopre quasi interamente il corpo nudo. Ma la selva brulica di altre figure misteriose, dotate di poteri magici: gnomi, elfi, e, al femminile, ninfe, fate e soprattutto streghe, donne raccoglitrici, dedite alla magia, che frequentano sistematicamente la selva alla ricerca delle erbe da impiegare nella loro funzione di guaritrici. Se la natura maschile del selvaggio ne fa soprattutto un guerriero e un cacciatore, la natura femminile si esprime anche attraverso la seducente e sensuale pratica della danza: e in proposito è utile ricordare che fra le divinità al cui seguito le streghe (sotto interrogatorio nei processi dell’inquisizione) confessavano di radunarsi in occasione del “sabba”, oltre a denominazioni come Bensozia, Abundia, Satia, Perchta, Holda, figure senz’altro attribuibili alla tradizione folclorica, spesso veniva citata Erodiade o (per sovrapposizione con la dea greca della caccia e delle selve), Erodiana. Wesselofsky, rifacendosi alle innumerevoli leggende popolari sul castigo inferto da Dio alla figlia di Erode, leggende secondo cui Erodiade fu condannata a danzare ogni notte per aver preteso dal padre la testa di Giovanni Battista, ritenne di poter scorgere un nesso fra Herdekîn, diminutivo di Herodes nei dialetti basso-tedeschi (da cui Herlequîn, Hellekîn, Hellequin) e per l’appunto Erodiade, per declinazione del nome della madre istigatrice, Herodias; una singolare interpretatio vulgaris del dettato biblico, che nell’eterna danza della fanciulla non vede il nucleo del peccato, ma piuttosto il risarcimento forzato, in funzione della fertilità, per il male compiuto. Va del resto precisato che nella coscienza delle inquisite il teorema degli inquisitori, il sabba, per molto tempo non fu neppure compreso: per quelle muliercule illetterate, quei convegni notturni, quelle danze estatiche, erano sì condotte da divinità notturne, ma sempre in funzione della prosperità.
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Bibliografia
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letteratura, "Quaderni di Filologia romanza", 15 (2001),
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